giovedì 26 novembre 2015

La prima critica al singolo "Il Sospiro" che vi riportiamo integralmente



Curiosi di sapere cosa ne penso? Eccovi accontentati.

È sempre una strana sensazione ascoltare il primo brano di una band al debutto. Si tratta di entrare in un mondo nuovo, esplorare qualcosa di mai visto prima, provando sensazioni nuove e diverse. Per chi scrive poi, abituato ai furori di metal e hard rock, avvicinarsi ad una band di rock italiano diventa quasi una doppia sfida che richiede un’attenzione anche maggiore.

“Il sospiro” dei Paper è una vera primizia. Il gruppo ci regala un brano che nel breve volgere dei suoi 3 minuti e mezzo dimostra il valore non comune della loro proposta. Tre sono i punti di forza: un approccio musicale decisamente internazionale, libero dai canoni della tradizione italiana e con una spiccata matrice inglese, un mix di rock viscerale e suoni elettronici ben amalgamati senza che mai uno prevalga a soverchiare l’altro, una voce, quella di Francesco Payne, che dimostra di essere versatile quanto misurata nel riempire di colore anche i più piccoli dettagli di un brano che è un continuo mutare ed evolvere di dinamiche ed emozioni (e l’estensione non comune fa il resto, diciamolo pure).

Il brano di apre si apre in modo corale con la chitarra a trainare il resto con un approccio arioso ma concreto. L’entrata del cantato crea il primo stacco che coincide con il primo cambio emozionale. Il brano si fa graffiante con voce e chitarra che si ricorrono ritmicamente alternandosi, la tensione sale con il tappeto di basso che si fa uniforme in un crescendo che sfocia nel pre-refrain dove a supporto della voce si inseriscono con gusto progressivo gli arpeggiatori elettronici. Voce e sequencer non bastano a identificare un passaggio che è dinamicamente perfetto e sostenuto da una sezione ritmica possente. Il passaggio è tutto un innalzarsi verso il tracollo in sospensione prima del ritornello che, quando finalmente, arriva appare non solo liberatorio, ma vero e proprio ossigeno. E via da capo, ma in modo diverso e con nuove aperture strumentali. Perché ripetersi se si hanno le idee per fare anche di meglio?

Ottima prova. I Paper sono molto di quello che oggi manca in Italia. Sono capaci di essere coerenti e mai banali. Fanno una musica che riesce ad essere per tutti, ma senza rifugiarsi in stereotipi preconfezionati. C’è la melodia degli eighties ma anche la struttura del decennio successivo, il minimalismo dei primi anni 2000 e tutta la forza delle produzioni più recenti. Insomma un prodotto completo. Forse abbiamo trovato chi potrebbe riempire quel buco che i Timoria orfani di Renga (mai abbastanza rimpianti, forse nemmeno da loro stessi) hanno lasciato a fine anni novanta e che nessuno ha mai colmato in modo convincente.


Da sentire. Da comprare.



Stefano Pera
Ex Capo Redattore di Metal Hammer Italia
e un Amico.

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